La microabrasione nel trattamento dei difetti dello smalto

Nel corso degli anni sono stati riportati in letteratura numerosi approcci clinici al trattamento estetico dei difetti dello smalto e nel precedente articolo, pubblicato su Tartaronline, abbiamo descritto brevemente le varie procedure cliniche e diagnostiche di tali difetti. Tra le metodiche cliniche ne abbiamo nominata una di cui oggi vorrei parlarvi più nel dettaglio: la microabrasione. 

La microabrasione è una tecnica introdotta in campo odontoiatrico nel 1926. Da allora fu sempre utilizzata in ambito clinico sia conservativo che estetico, infatti, questa tecnica divenne la soluzione meno invasiva per le discromie dentali. 

Con il termine abrasione intendiamo: “asportazione superficiale di materiale in seguito a ripetuta azione di attrito”.

Ma come si procede in ambito odontoiatrico ? 

TECNICA E APPLICAZIONI CLINICHE 

Per effettuare una corretta microabrasione si utilizzano prodotti in commercio a base di acido cloridrico al 6,6% (Opalustre, Ultradent Products INC.). Questa pasta, contenente microparticelle di carburo di silicio, favorisce la rimozione delle irregolarità sulla superficie dello smalto e dei difetti di ipomineralizzazione sfruttando un’azione sia chimica che meccanica. La logica di tale procedura consiste nell’asportare lo strato superficiale del difetto preservandone la porzione più interna. 

Come descritto nel precedente articolo, spesso per la rimozione di tali difetti non è sufficiente un solo approccio clinico ma bisogna ricorrere a diverse metodiche, come la remineralizzaizone e l’infiltrazione di resine a bassa viscosità.

La microabrasione, a mio avviso, deve sempre precedere la tecnica di infiltrazione; in letteratura è infatti riportato come questa metodica sia in grado di rimuovere lesioni superificiali, spesso associata a tecniche di remineralizzazione e di sbiancamento dentale per migliorare ulteriormente l’estetica del sorriso. Quest’ultima considerazione è molto importate. Infatti, anche se poco riscontrato in letteratura, successivamente alla microabrasione si noterà un colore più scuro del dente trattato a causa di una perdita di smalto controllata compresa tra 25 e 200 micron. 

Bisogna precisare che diversi studi hanno dimostrato come la microabrasione non sia in grado di influenzare il “colore” finale ottenuto grazie ad uno sbiancamento, che sia professionale o domiciliare. 

METODICA CLINICA 

L’isolamento con diga di gomma deve essere un passaggio obbligato (se si ha difficoltà ad utilizzare la classica diga è possibile utilizzare OptraDam, Ivoclar Vivadent, ma solo se il difetto non interessa il terzo cervicale, in casi estremi è possibile ma assolutamente sconsigliato utilizzare la diga liquida), successivamente è doveroso eliminare eventuale biofilm batterico adeso alla superficie della corona mediante AirFlow o polishing.

A questo punto, valutata la profondità del difetto (per esempio mediante transilluminazione), occorre applicare il gel per microabrasione sulla zona da trattare con l’ausilio di una coppetta montata su un contrangolo e strofinando sulla superficie della lesione ad un basso numero di giri per circa 60 secondi. Spesso sono necessarie più applicazioni per la completa eliminazione del difetto ma personalmente associo spesso questa tecnica a remineralizzazioni con mousse a base di ACP-F. Al termine della procedura lucidare accuratamente.  

CLINICA E LETTERATURA

La microabrasione si è dimostrata una procedura spesso risolutiva ma anche “permanente” in quanto va a rimuovere definitivamente porzioni superficiali di smalto. In letteratura è riportata una sicurezza di tale procedura clinica e un recente studio ha infatti dimostrato come 120 secondi di microabrsione riducono del 10% lo spessore dello smalto. Secondo i ricercatori, oltre al tempo di applicazione quello che incide molto è la pressione utilizzata dal clinico che deve essere moderata. Infatti, maggiore è la pressione  esercitata e più sarà la percentuale di smalto rimosso. 

Se non si presta attenzione a questi parametri si potrebbero creare dei “solchi” e zone dove è possibile avere un aumento della sensibilità post-operatoria. 

Di fondamentale importanza resta la valutazione del difetto in esame; in quanto questa metodica non è indicata per fluorosi severe, difetti che vanno oltre il terzo esterno dello smalto e discromie da tetracicline. Ancora più errato è il suo utilizzo per migliorare discromie intrinseche estese e che interessano più elementi dentali, per esempio, prima di procedere ad uno sbiancamento professionale e/o domiciliare. 

CONCLUSIONI

Tutti i successi clinici e gli studi scientifici pubblicati in merito a questo argomento ci permettono di affermare comunque  l’efficacia e l’efficienza di questa procedura clinica che comporta una minima perdita di smalto e spesso una risoluzione totale del difetto in esame. 

Dott. Daniele Modesti – Igienista Dentale

 

BIBLIOGRAFIA

Enamel microabrasion: An overview of clinical and scientific considerations. World J Clin Cases. 2015 Jan 16; 3(1): 34–41.

Impact of Microabrasion on the Effectiveness of Tooth Bleaching. Brazilian Dental Journal (2017) 28(5): 612-617

Talking with Patients Dental Fluorosis. J. Esthet Dent 2005; 18:384

A minimally invasive treatment of severe dental fluorosis. Quintessence Int 2007; 38(6):455-8

Indications and limits of the microabrasion tecnique. Quintessence Int. 2007; 38(10: 811-5

Il Dott. Daniele Modesti nasce a Roma, si diploma odontotecnico e laurea in igiene dentale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Esercita la libera professione in Milano.
Relatore a diversi corsi e congressi su territorio nazionale, e dal 2018 consulente scientifico per Curasept S.p.A.